mercoledì 2 settembre 2020

LA CANZONE DI PICCOLINO

LA CANZONE DI PICCOLINO

Piccolino, morta mamma,
non ha più di che campare;




resta solo con la fiamma
del deserto focolare;




poi le poche robe aduna,
mette l’abito più bello
per venirsene in città.




Invocando la fortuna
con il misero fardello,
Piccolino se ne va.





E cammina tutto il giorno,
si presenta ad un padrone:
“Buon fornaio al vostro forno
accoglietemi garzone”.




Ma il fornaio con la moglie
ride, ride trasognato:
“Piccolino, in verità
il mio forno non accoglie
un garzone appena nato!
Non sei quello che mi va”.




Giunge al re nel suo palagio,
si presenta ardito e fiero:
“Sono un piccolo randagio,
Sire, fatemi guerriero!”.




Il buon Re sorride: “Omino,
vuoi portare lancia e maglia?




Un guerriero? In verità
tu hai bisogno della balia!
Tu sei troppo piccolino:
Non sei quello che mi va”.




Vien la guerra: dopo un poco,
sono i campi insanguinati;




Piccolino corre al fuoco
tra le schiere dei soldati.
Ma le palle nell’assalto
lo sorvolano dall’alto
quasi n’abbiano pietà.




“È carino quell’omino,
ma per noi troppo piccino:
non è quello che ci va!”.
Finalmente una di loro
lo trafora in mezzo al viso;




esce l’anima dal foro,
vola, vola in Paradiso.



Ma San Pietro: “O Piccolino,
noi s’occorre d’un Arcangelo
ben più grande in verità.
Tu non fai nemmeno un Angelo
e nemmeno un Cherubino…
Non sei quello che ci va”.




Ma dal trono suo divino
Gesù Cristo scende intanto



e sorride a Piccolino
e l’accoglie sotto il manto:



“Perché parli in questo metro,
o portiere d’umor tetro?



Piccolino resta qua.



Egli è piccolo e mendico
senza tetto e senza amico:
egli è quello che mi va…




O San Pietro, te lo dico,
te lo dico in verità”.




giovedì 21 maggio 2020

VENEZIA

VENEZIA







C'è una città di questo mondo,
ma così bella, ma così strana,
che pare un gioco di fata morgana
e una visione del cuore profondo.

     
Avviluppata in un roseo velo,
sta con le sue chiese, palazzi, giardini, .
tutta sospesa tra due turchini,
quello del mare, quello del cielo.



Così mutevole! A vederla
nella mattina di sole bianco
splende d'un riso pallido e stanco,
d'un chiuso lume, come la perla:

   

ma nei tramonti rossi affocati
è un'arca d'oro, ardente, raggiante,
nave immensa, veleggiante
a lontani lidi incantati.

   

Quando la luna alta inargenta
torri snelle e cupole piene,
e serpeggia per cento vene
l'acqua cupa e sonnolenta,

    

non si può dire quel ch'ella sia,
tanto è nuova mirabile cosa:
isola dolce, misteriosa,
regno infinito di fantasia.
   

  


Cosa di sogno vaga e leggera;
eppure porta mill'anni di storia,
e si corona della gloria
d'una grande vita guerriera.


  



Cuor di leonessa, viso che ammalia,
o tu, Venezia, due volte sovrana:
pianta di forte virtù romana,
fiore di tutta la grazia d'Italia.






FILM
IL FORNARETTO DI VENEZIA


FILM 
IL MERCANTE DI VENEZIA



LA SERENISSIMA



COLOMBINA 




BETTINA 



domenica 10 maggio 2020

FESTA DELLA MAMMA

FESTA DELLA MAMMA



CHE COS'E' UNA MAMMA


 Rititì, lo vuoi saper tu
che cosa è una mamma? Nessuno
nessun dei bimbi lo sa.
Un bimbo nasce e ... va.
Lo sanno, ma forse, ma tardi
quelli che non l'hanno più.
Rititì, che pensi e mi guardi
    Rititì lo vuoi saper tu?

    Una mamma è come un albero grande


che tutti i suoi frutti dà:
per quanti gliene domandi
sempre uno ne troverà.
Ti dà il frutto il fiore la foglia,
per te di tutto si spoglia,
anche i rami si taglierà.
    Una mamma è come un albero grande.


    Una mamma è come una sorgente.


Più ne togli acqua e più ne getta.
Nel suo fondo no vedi belletta:
sempre fresca, sempre lucente,
nell'ombra e nel sole è corrente.
Non  sgorga che per dissetarti,
se arrivi ride, piange se parti.
    Una mamma è come una sorgente.


    Una mamma è come il mare:


Non c'è tesori che non nasconda.
Continuamente con l'onda
ti culla e ti viene a baciare.
Con la ferita più profonda
non potrai farlo sanguinare,
subito ritorna a azzurreggiare.
    Una mamma è come il mare.


    Una mamma è questo mistero.


Tutto comprende, tutto perdona,
tutto soffre, tutto dona,
non coglie fiori per la sua corona.
Puoi passare da lei come straniero,
puoi farle male in tutta la persona!
Ti dirà "buon cammin, bel cavaliero!".
    Una mamma è questo mistero.





martedì 28 aprile 2020

LA LEGGENDA DEL GIRASOLE





l LEGGENDA DEL GIRASOLE

di LinaTRIDENTI






C’era una volta uno splendido giardino.
Vi sbocciavano fiori meravigliosi d’ogni colore e ricchi di profumo.



Tutte le persone che lo vedevano restavano ammirate e si fermavano a complimentare ogni varietà per il colore, per la forma, per il profumo.
I fiori, lusingati da tanta ammirazione, divennero alteri e superbi.



Avvenne che un giorno, tra gli splendidi steli, si affacciasse uno strano fiore.
Aveva uno stelo debole e sottile con una corolla troppo grande e pesante, come un disco di bronzo.




Al suo primo apparire, i fiori vicini cominciarono a schernirlo.

- Com'è  brutto! Senza armonia, senza corolla di petali.
- Perché sei cresciuto qui? Potevi nascere altrove.

Il povero fiore divenne in poco tempo lo zimbello del giardino.
Da ogni aiuola gli arrivavano offese ed esso, senza rispondere, cresceva umilmente, tenendo la corolla rivolta a terra.
Ma il sole, che da tempo osservava quanto avveniva nel giardino, rideva sotto i raggi e pensava:

- Vedrete vedrete voi, piccoli smorfiosi!

Rivolse i suoi raggi più caldi sul fiore, lo fece crescere alto alto su tutti e poi gli disse:

-Tu mi hai amato in silenzio e in umiltà. Alza ora la tua corolla e guardami. Ti donerò un raggio.

Il fiore alzò timidamente il capo e intorno al disco di semi, fiorì una corona di petali, gialli come l’oro.



Tutto il grande fiore rise di felicità e guardò riconoscente il sole, nel suo giro quotidiano.

- Non ho finito! - esclamò il sole. - Porterai il mio nome e gli uomini avranno bisogno dei tuoi petali per tingere le loro stoffe. I tuoi semi daranno l'olio e saranno dolce cibo agli uccelli.



Da allora il girasole fiorì meraviglioso e ricco. Col suo giallo brillante rallegrò i campi d’estate ed ebbe l’ammirazione di poeti e pittori.


Così avviene spesso per coloro che sanno crescere in umiltà, accanto ai superbi.

PICCOLO  COMMENTO
La persona superba rivolge tutto il suo studio e le sue opere a procacciarsi la lode degli uomini, a intraprendere cose maggiori delle sue forze e si esalta sfacciatamente, mentre disprezza tutti gli altri.
Queste persone spiano in continuazione per cercare di comparire migliori, per giudicare con severità, ingrandendo i vizi degli altri e diminuendone i loro meriti.
L'uomo superbo si para innanzi gonfio di sé, con un comportamento sprezzante.
Apre bocca per vantare solo ciò che gli appartiene e gli altri non esistono, anzi sono di troppo per lui.
Alla fine non si accorge di diventare odioso e quindi deriso, disprezzato e fuggito da tutti.
Più si è superbi e più si è ignoranti.
Infatti, chi ignora gli immensi campi dello scibile umano e non sa quanto sia sconfinata la grandezza della scienza, dell'arte, della sapienza, quanto sia irraggiungibile la perfezione, crede di possedere la grandezza del mondo e di essere superiore a ogni altro, è vuoto e molto piccolo.
I grandi, quelli che hanno consumato la vita nell'umiltà, nello studio della natura e dell'uomo, che si sono logorati la mente per penetrare i grandi misteri della vita, dimostrano verso il loro prossimo quella dignitosa modestia che è dettata solo da una sofferta esperienza e conoscenza della vita.
Per questo saranno sempre premiati e i loro meriti riconosciuti nei secoli.


VIDEO CON 

Lina TRIDENTI




PORTAMI IL GIRASOLE




Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.


I GIRASOLI DI